Home NOTIZIE CRONACA Ndrangheta, sequestri di beni per 3 milioni a Anzio, Nettuno e Aprilia

Ndrangheta, sequestri di beni per 3 milioni a Anzio, Nettuno e Aprilia

Duro colpo alla Ndrangheta del Lazio. Nella notte un blitz dei carabinieri del comando provinciale di Roma ha portato al sequestro di beni per oltre tre milioni di euro finalizzato alla confisca nei confronti di Giacomo Madaffari, ritenuto dagli inquirenti al vertice della locale di ‘ndrangheta di Anzio e Nettuno.

Il blitz è avvenuto nel litorale Lazio, nei comuni di Anzio, Nettuno e Aprilia. Le indagini hanno condotto al sequestro di un ingente patrimonio, costituito da dieci immobili di cui sei tra ville e immobili di pregio, sei terreni, due autovetture, conti correnti e una società di rivendita autoveicoli, frutto del reimpiego di denaro ritenuto provento delle attività illecite svolte da Madaffari. Il decreto di sequestro preventivo è stato emesso dalla III Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale Penale e Civile di Roma su richiesta della Dda.

In particolare, il sequestro ha interessato: dieci immobili, di cui sei tra ville e immobili di pregio nei comuni di Anzio e Nettuno; sei terreni, alcuni dei quali con potenzialità edificatoria, situati nei comuni di Anzio, Nettuno e Aprilia; due autoveicoli di grossa cilindrata; una società di rivendita di autoveicoli; rapporti finanziari, effetti cambiari, monili, beni mobili di valore, in corso di inventario e quantificazione.

Ndrangheta nel Lazio, Madaffari nel mirino

Ndrangheta
Controlli dei Carabinieri

Dalle indagini eseguite dai Carabinieri della Sezione Misure di Prevenzione del Nucleo Investigativo è emersa la centralità di Giacomo Madaffari negli affari della Ndrangheta del Lazio. Madaffari è oggi ritenuto, dagli inquirenti, al vertice della locale di Giacomo Madaffari Madaffari-Perronace-Gallace insediata nei comuni di Anzio e Nettuno e territori limitrofi del litorale laziale a sud della Capitale.

Una carriera criminale che, secondo gli inquirenti, è iniziata dalla metà degli anni ’70. L’appartenenza di Madaffari alla ‘ndrangheta ne connota all’evidenza la pericolosità qualificata a cominciare dagli anni ’80-’90, epoca del trasferimento nell’area sud di Roma e delle immediate relazioni con le già stabili famiglie ‘ndranghetiste dei Gallace, dei Perronace e dei Tedesco.

Considerato il sistema ‘meritocratico’ di ascesa alle posizioni apicali dell’organizzazione, è evidente che la posizione raggiunta a capo di una locale sia indice non solo di una ‘‘carriera criminale” all’interno della ‘ndrangheta, ma anche della possibilità avuta di ”crescere” commettendo reati su un territorio già controllato dalle citate cosche calabresi. Le indagini hanno anche messo in evidenza come l’elevato tenore di vita di Madaffari e di tutti i suoi familiari non sia compatibile con i redditi e le altre fonti lecitamente percepiti nell’arco temporale 1980-2020, facendo emergere una sperequazione (saldo negativo tra fonti lecitamente percepite ed esborsi effettuati) di oltre 1,7 milioni di euro nel periodo temporale investigato.

Il patrimonio accumulato dall’uomo e dai suoi famigliari, riconducibile alle attività illecite poste in essere, è stimato in oltre 3 milioni di euro.