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Ex Alitalia, in 15 anni 15mila licenziamenti: ma con Ita non doveva essere rilancio? – Extra – Puntata di martedì 5 dicembre 2023

Ancora licenziamenti, ancora un drastico taglio di personale da quel serbatoio di collaboratori dell’ex Alitalia che da anni ormai attende il reintegro: questa volta sono 2668 su 2840 le persone inserite nella lista di chi, a ore, riceverà la lettera con cui si annuncia la procedura di licenziamento collettivo.

Per una parte di loro ci potrebbe essere uno scivolo, grazie ad un accordo in via di definizione tra l’azienda e i sindacati secondo cui il personale della ex compagnia di bandiera che nei prossimi due anni raggiungerà i requisiti pensionistici potrà andare in Naspi su base volontaria aderendo entro il 22 dicembre ma l’opzione è aperta anche per chi non ha maturato i requisiti, purché manifesti l’interesse entro il 20 dicembre.

Non tutti i sindacati, però, condividono la linea adottata per gestire lo spinoso dossier dell’ex compagnia di bandiera: Cub Trasporti, per esempio, definisce il lento epilogo che la vicenda sta vivendo una vera e propria “catastrofe sociale” e “un dramma della deindustrializzazione: i governi si sono susseguiti, ma non è mai stata rimessa in discussione la scelta di cedere il controllo del trasporto aereo italiano”, dicono i vertici del sindacato di base che annunciano battaglia già nei prossimi giorni nelle aulee di tribunale e nelle piazze.

Ospite di Extra con Claudio Micalizio, il segretario nazionale del comparto Antonio Amoroso ribadisce la posizione di Cub Trasporti e prende le distanze dalla linea condotta dai sindacali confederali Cgil, Cisl e Uil definita troppo morbida nei confronti dei management che si sono alternati negli ultimi anni e della politica portata avanti dai governi in carica: “Delle fantomatiche politiche attive non resta che qualche ridicolo annuncio che, come in passato, resterà tale e senza permettere che si concretizzino le ricollocazioni che non possono che essere previste all’interno del comparto aereo-aeroportuale, in copiosa espansione, nonostante lo smembramento di Alitalia”, dice Amoroso.

Le crifre del resto parlano chiaro: con gli attuali circa 3.000 licenziamenti, in 15 anni sono stati espulsi da Alitalia poco meno di 15 mila dipendenti e la compagnia di bandiera è passata dai quasi 250 aeromobili del 2008 agli attuali 75 di Ita. Numeri che in molti giudicano insufficienti a garantire adeguata competività al nuovo operatore italiano in un mercato sempre più ristretto tra il predominio di pochi colossi del cielo e la concorrenza sempre più agguerrita delle compagnie low cost.

Per gli esperti del settore questa è l’insidia più importante: riuscirà il nuovo vettore a stare sul mercato? il lungo addio a questo simbolo un tempo luminoso del prestigio italiano dopo oltre 70 di gloriosa carriera assume sempre più i contorni di un vero e proprio pasticcio.

La parabola è comune a quella di tante eccellenze decadute del nostro paese. Nata nel 1946 con il nome di “Aerolinee Italiane Internazionali”, Alitalia è protagonista di autentici momenti di gloria fino a metà degli anni ’90, con la prima crisi economica che evidenzia le fragilità di un autentico gigante d’argilla: schiacciata dai costi e dai limiti manageriali la compagnia inizia l’epoca dei matrimoni, prima con Klm e poi SkyTeam, che però durano poco e alla fine torna sempre in gioco lo stato italiano. Dal 1996 inizia l’epoca della privatizzazione in due tranche fino all’arrivo dei capitani coraggiosi di Cai, la nuova Compagnia aerea italiana che nel 2009, complice le suggestioni di una campagna elettorale tutta incentrata sulla difesa dell’italianità, fece naufragare la cessione ad Air France: alla fine gli azionisti italiani aprirono comunque le porte ad un partner straniero ma ne 2014 Etihad gettò la spugna e così sarà ancor lo Stato a garantire la coninuità, prima entrando di nuovo nel capitale societario e poi concedendo prestiti ponte per fronteggiare l’assenza di liquidità.

Vista da lontano, una storia pluridecennale costata oltre 13 miliardi di euro pubblici e un continuo slalom tra le norme europee molto attente a far rispettare le norme sulla concorrenza. Il resto è storia recente: Ita prende il posto di Alitalia ma a inizio anno il governo formalizza l’ennesima partnership straniera, premessa ad una cessione a Lufthansa.

Ora la parola spetta a Bruxelles che dovrebbe esprimersi sull’operazione, mentre per i lavoratori il futuro resta incerto: nonostante le promesse ripetute ad ogni campagna elettorale, solo una parte degli ex dipendnti sono stati riassorbiti mentre i vertici chiamati in tribunale per le relative cause di reintegro negano vi sia continuità tra le due compagnie.15mil