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L’approfondimento del Giovedì con la redazione di “Pink Magazine Italia”

“Unite. Azione letteraria, scrittrici contro la violenza di genere”

Ospite in collegamento Cinzia Giorgio, direttrice di “Pink Magazine Italia

La genesi di “Unite. Azione letteraria. Scrittrici contro la violenza di genere”. Dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, massacrata a 22 anni l’11 novembre dello scorso anno dal suo ex ragazzo, le manifestazioni del 25 novembre (Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne), il 28 novembre alla libreria Tuba di Roma, scrittrici e giornaliste si sono ritrovate per leggere insieme pagine del memoir “L’invincibile estate di Liliana” di Cristina Rivera Garza, dedicato al femminicidio della sorella avvenuto più di 30 anni fa a Città del Messico (libro edito da SUR 2023).

Una lettura pubblica durante la quale è maturato l’appello all’azione letteraria: Unite. Azione letteraria. Invito rivolto a scrittrici e giornaliste, con un obiettivo: pubblicare dal 3 gennaio al 3 marzo su giornali cartacei, online e blog, articoli e racconti sulla violenza di genere. Per tenere alta l’attenzione sulla questione e rappresentare con “parole esatte” tutte le sue declinazioni della violenza di genere. I femminicidi sono solo la punta dell’iceberg di un sistema di sopraffazione e violenza di cui si nutre una società di stampo patriarcale.

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La Vampira polacca e la diversità

Villaggio di Pien, Polonia. Un team di archeologi, durante uno scavo, tra gli altri scheletri ha rinvenuto quello di una donna sepolta con una falce alla gola e un lucchetto all’alluce. Lo scheletro si trovava all’interno di un cimitero del XVII secolo. A riportare la notizia è il Daily Mail.

La Vampira, così è stata subito etichettata, sarebbe morta proprio nel XVII secolo. E la sua sepoltura è quantomeno bizzarra: il corpo è immobilizzato a terra con una falce sulla gola e un lucchetto all’alluce. All’epoca si riteneva, infatti, che questa precauzione le avrebbe impedito di risvegliarsi, perché alzandosi si sarebbe decapitata. Lo scheletro aveva un prezioso lembo di seta come copricapo, a indicare la chiara appartenenza della donna a una classe sociale elevata.

Il responsabile degli scavi, il professor Dariusz Poliński dell’Università Nicholas Copernicus di Torun, ha dichiarato: “I metodi per proteggersi dai vampiri includevano il taglio della testa o delle gambe. La falce veniva appoggiata sul collo in modo tale che, se il defunto avesse cercato di alzarsi, la testa sarebbe stata mozzata”.

In alcune zone del continente, in particolare quelle slave, la credenza nelle leggende dei vampiri si diffuse a macchia d’olio, tanto da causare un’isteria collettiva che portò a esecuzioni atroci di chi veniva ritenuto un vampiro. Soprattutto donne, a quanto racconta il professore.

Anche i suicidi erano spesso sospettati di vampirismo e i loro corpi venivano mutilati per impedire loro di ritornare dal regno dai morti.

Nel 2015, gli archeologi nel villaggio di Drewsko, non troppo lontano da Pien, trovarono cinque scheletri sepolti in modo simile in un cimitero di quattrocento anni fa. Rinvennero falci sistemate esattamente come quella della vampira di Pien: contro la gola sia di un uomo adulto, di età compresa tra 35 e 44 anni, che di una donna adulta di età compresa tra 35 e 39 anni.

Ancora oggi si continua a scavare nella zona e sono stati esumati altri scheletri poco lontano da Pien. Una fossa comune con ben 450 corpi mutilati poiché considerati vampiri.

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Agnes Sampson, “la strega”

Agnes non era una strega, contrariamente a quanto recita il titolo volutamente provocatorio. Sappiamo poco di lei, ma è annoverata fra le donne sagge di Keith, la cittadina scozzese dove viveva. Nether Keith, infatti, faceva parte della baronia di Keith Marischal, East Lothian, in Scozia. Si riteneva che Sampson avesse grandi poteri di guaritrice e fungeva da ostetrica. Dalle carte dell’infamante processo contro di lei, sappiamo che era vedova e aveva dei figli.

Nella primavera del 1590, Giacomo VI tornò da Copenaghen dopo aver sposato Anna di Danimarca, figlia del re di Danimarca e Norvegia. La corte danese a quel tempo era molto superstiziosa. Le paure più grandi venivano dal demonio, dalla stregoneria e dalla magia nera. L’impressionabile re Giacomo aveva paura di tutto. Figuriamoci del demonio!

Durante il viaggio di ritorno dalla Danimarca, la nave su cui viaggiava il re rischiò affondare a causa del mare in tempesta. Nei mesi successivi iniziò in Danimarca la caccia alle streghe con il processo alle streghe di Copenaghen, avviato dall’ammiraglio danese Peder Munk. Una delle sue vittime fu Anna Koldings, che fornì i nomi di cinque donne. Le donne confessarono di essersi rese colpevoli di stregoneria, sollevando le tempeste che avevano minacciato il viaggio del re.

La storia dell’arresto, del processo e delle confessioni di Agnes Sampson e degli altri accusati di stregoneria è nota dalle versioni trovate in un opuscolo stampato a Londra nel 1591, il Newes from Scotland, e dalle lettere dei contemporanei. Oltre che ovviamente dagli atti processuali

Nell’autunno del 1590, la Scozia dava inizio alla caccia alle streghe.

Molti di coloro che furono processati vennero interrogati dal re in persona. Agnes Sampson fu accusata di stregoneria da Gillis Duncan e arrestata insieme ad altri. Interrogata riguardo al suo ruolo nella famosa tempesta del viaggio di ritorno del re, fu sottoposta a torture inenarrabili. Tra le quali la depilazione totale del corpo per trovare, attraverso spilloni e altri strumenti appuntiti o infuocati, il cosiddetto marchio del diavolo sul suo corpo.

Secondo il Newes from Scotland, Agnes Sampson confessò di aver causato lei la tempesta che fece annegare Jane Kennedy il 7 settembre 1589. Quando due navi si scontrarono durante un’improvvisa tempesta sul Forth. Aveva fatto un incantesimo, sotterrando un gatto morto nella sabbia, sulla spiaggia di Leith. Lo stesso incantesimo avrebbe poi scatenato le tempeste che minacciarono il re durante il suo viaggio di ritorno dalla Danimarca nel 1590.

Agnes Sampson fu condotta al patibolo a Castlehill, dove fu impiccata e poi bruciata sul rogo il 28 gennaio 1591. Si dice che il suo fantasma, nudo e calvo, vaghi ancora per il palazzo di Holyroodhouse.

E se lo meriterebbero più i suoi contemporanei che i posteri lo spirito triste di quella donna, che nella sua vita aveva solo fatto del bene senza chiedere nulla in cambio. Accorreva dove serviva, preparava decotti, infusi, oli lenitivi e faceva nascere i bambini. Ma siccome nel mondo di gente buona si ha così bisogno quando si sta male, ma non una volta guariti, Agnes non trovò nessuno a difenderla.

La storia non ci insegna nulla, se poi continuiamo a provare quella che in gergo analitico viene definita la sindrome rancorosa del beneficato. Ma nella storia di Agnes c’è un fattore più inquietante, oltre all’ingratitudine. Perché quando la pochezza d’animo sposa la superstizione e va a braccetto con l’ignoranza, nascono mostri terribili. Dai quali si fa sempre troppa fatica a liberarsi. A patto che ci si riesca.

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