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Sanità, Anmed lancia l’allarme contro la revisione al ribasso delle tariffe: domani manifestazione a Roma

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La protesta contro l’ultima modifica del Nomenclatore tariffario ambulatoriale si intensifica, con l’Associazione Nazionale di Medicina, Diagnostica, Salute e Benessere (Anmed) che suona l’allarme. In un’azione di protesta, l’Anmed esprime il suo forte dissenso verso il previsto ribasso dei rimborsi, annunciando una manifestazione a Roma, presso il Teatro Brancaccio, per mercoledì 20 marzo alle 11.

Revisione delle tariffe, la critica di Anmed

Anmed sottolinea le gravi conseguenze della revisione al ribasso dei rimborsi nel Nomenclatore tariffario ambulatoriale.

La presidente dell’associazione, Elisa Interlandi, ha evidenziato che tale revisione potrebbe comportare un danno significativo alle strutture private, con un ampliamento del debito delle strutture pubbliche.

Questo rischio, sottolinea Interlandi, mette a repentaglio la qualità e la quantità delle cure offerte ai pazienti, minando il principio di uguaglianza nell’accesso ai servizi sanitari.

Il ruolo delle strutture private

Interlandi ribadisce il ruolo cruciale delle strutture private nell’offrire un’offerta sanitaria territoriale di qualità. Queste strutture rappresentano punti di riferimento per i cittadini che necessitano di controlli e analisi frequenti, garantendo professionalità e risposte tempestive.

Tuttavia, la prevista revisione al ribasso delle tariffe rischia di compromettere la sostenibilità economica di queste strutture, minando il principio di centralità del paziente e della libertà di scelta.

Disparità sulle tariffe fra Regioni nel Sistema Sanitario

Un altro punto evidenziato da Interlandi riguarda le disparità regionali nel sistema sanitario italiano. Mentre alcune regioni come l’Emilia Romagna e la Lombardia hanno già rivisto il tariffario per renderlo sostenibile, altre regioni in piano di rientro non potranno farlo.

“Tutto ciò porterà a non poter più erogare centinaia di prestazioni in quanto con queste tariffe non sarà più possibile riconoscere la giusta retribuzione del nostro lavoro e, qualora lo facessimo, porteremmo le nostre strutture al fallimento” ha osservato Interlandi.