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“Nemico Silenzioso”, il convegno per riflettere su un dato: in Italia 60 suicidi nel 2022 tra gli agenti

Ieri, al Polo Tuscolano di Roma, c’è stato il convegno “Nemico Silenzio”. L’evento è stato organizzato dal sindacato LES, libertà e sicurezza, della polizia di stato. L’incontro si è svolto attorno ad un tema caldo e purtroppo sempre più frequento: quello del suicidio tra gli agenti.

Chi ha portato qualche testimonianza durante questo intervento ha sottolineato la necessità di intervenire al più presto, di attivarsi il prima possibile per poter servire lo stato e amarlo, ma con le giuste tutele.

Un dato è quello che sta al centro delle riflessioni: 60 sono gli agenti in Italia che hanno deciso di porre fine alla propria vita. Un gesto estremo che ha scosso particolarmente Luca Andrieri, segretario provinciale generale di Roma. Come relatore c’era anche Edoardo Schina, il presidente di Ancos Roma. Il convegno è stato presentato e commentato dalla giornalista Angela Corica.

L’ex ministro della difesa, Elisabetta Trenta, ha detto che «la salute mentale delle persone è fondamentale e che avere un problema non può più essere considerato un tabù, un appello disperato alle amministrazioni che troppe volte tendono a minimizzare il problema e che difronte a casi estremi preferiscono dissociarsi», secondo la donna infatti «bisognerebbe occuparsi politicamente della cosa arrivando a chiedere una commissione parlamentare».

Tanti sono i problemi per cui determinate persone, per cui anche gli agenti, possono decidere di porre fine alla propria vita e questi motivi li ha elencati Sergio Caruso, psicologo e criminologo. Ha parlato di problemi economici, famigliari, di solitudine e paura di ammettere di avere un problema. Sono solo alcuni esempi, ma «Purtroppo il suicidio è considerato ancora oggi una cosa della quale vergognarsi, così come il richiedere aiuto, ammettere di avere un problema secondo il professionista è il primo passo per poterne uscire, supporto e inclusione sono le parole chiave. Gli agenti delle forze dell’ordine sono esseri umani con le loro fragilità, le loro debolezze e a volte vengono lasciati soli con il loro dolore, è un lavoro difficile al quale si dedica la propria vita e, talvolta, soprattutto in prima linea ci si ritrova a interfacciarsi con realtà spaventose e a doversi poi tenere tutto dentro, per mostrarsi forti, per paura di essere etichettati come pazzi e di dover rinunciare all’arma e dunque al proprio lavoro, per un poliziotto abbandonare la polizia è come dire addio alla propria identità».

Ad intervenire anche l’avvocato Sabrina Rondinelli che ha voluto puntualizzare che «avere un periodo di difficoltà non significa essere pericolosi per se stessi o per gli altri, che tutti gli agenti meriterebbero di potersi confidare con un professionista che non li giudichi e che non li reputi malati ma solo persone che hanno bisogno di sfogarsi».