C’era una volta il centro storico di Roma, fatto di botteghe artigiane, negozi di grandi marchi e gioielli della ristorazione. Due anni di pandemia lo hanno cambiato profondamente, facendo moltiplicare le serrande abbassate e le attività in franchising con un Campidoglio sostanzialmente incapace di fronteggiare la situazione.
Una crisi che parte ben prima del Covid e che in alcuni anni ha svuotato la rinomata “dolce vita” capitolina: Confartigianato ha sommato, da gennaio 2020, la chiusura di 670 attività commerciali che sono pari al 15% delle imprese. La manifattura ha perso più di 350 attività e non se la passa bene neanche il settore ristorazione, che vede scomparire 47 attività, ma in generale vive un abbassamento della qualità degli esercizi lasciando spazio a fast food, pizzetterie, paninoteche. Sono 39, poi, gli alberghi che hanno chiuso per sempre, a beneficio degli affittacamere che invece sono in crescita.
Il quadro complessivo si riassume con un generale impoverimento sul piano dell’appeal del centro, con sempre meno botteghe e ristoranti storici, con il proliferare di attività più anonime e di minore qualità.