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Dai medici ai vigili del fuoco, ecco gli “eroi” che non vogliono essere chiamati così

Chi indossa una divisa è abituato a fare i conti con la gratitudine di quanti spesso devono la propria salvezza ad un gesto coraggioso e non chiede nulla in cambio

Qui la copertina che introduce al tema della puntata di Extra.

Il caso più eclatante risale al periodo drammatico della pandemia: mentre gli ospedali erano presi d’assalto dai pazienti colpiti dalle prime vigorose ondate del virus, medici e infermieri rifiutavano gli elogi intrisi di retorica dei politici che li definivano eroi replicando di essere semplicemente dei lavoratori che facevano il proprio dovere.

Quel “no grazie” pronunciato con enorme ed esausta dignità, in un momento drammatico per il Paese intero, all’epoca fece ancora più scalpore e contribuì a scolpire ulteriormente nella storia del nostro Paese un senso di sincera ammirazione nei confronti di chi rifiutava ogni mitizzazione per gesti che, in realtà, faceva notare “vengono compiuti ogni giorno, anche in assenza di una pandemia”.

Gli “eroi” non eroi

Nessuna falsa modestia, nessuno sgarbo istituzionale e neppure un maldestro tentativo di schernirsi di fronte alla riconoscenza collettiva che, in quel periodo così drammatico, tutti gli italiani di cuore volevano sinceramente tributare a chi metteva a rischio la propria incolumità lavorando ore ed ore, spesso in condizioni precarie, pur di salvare il prossimo.

Chi indossa una divisa e serve lo Stato nel garantire servizi essenziali ai cittadini, è abituato a fare i conti con la gratitudine di quanti spesso devono la propria salvezza ad un gesto coraggioso e non chiede nulla in cambio perché reputa che sia già abbastanza gratificante il fatto di poter lavorare al servizio di chi ha bisogno: sarà spirito di servizio, attaccamento alla divisa o più semplicemente dedizione verso il prossimo ma è il carburante che ogni giorno permette a migliaia di persone di compiere gesti coraggiosi in cambio di un semplice grazie.