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Roma di Giorno – Puntata di Martedì 04 Aprile 2023

Roma di Giorno con Elisa Mariani – Puntata di Martedì 04 Aprile 2023

Ospite in collegamento Laura Franchitti, Coordinamento Salviamo Palazzo Massimo.

“GIÙ LE MANI DAL DISCOBOLO LANCILLOTTI”: LA PROTESTA DEI CITTADINI CONTRO IL TRASLOCO DA PALAZZO MASSIMO

Il 2 aprile scorso, decine di cittadini, in rappresentanza di associazioni e comitati, hanno protestato a Largo Villa Peretti (a pochi passi dalla stazione Termini) per far sì che il Discobolo Lancillotti rimanga a Palazzo Massimo. Si tratta di una scultura in marmo che riproduce il noto discobolo di Mirone; ha fatto per anni parte della collezione Lancillotti e dal 1953 è custodita all’interno del Museo Nazionale Romano (che ha quattro sedi: Palazzo Massimo, Crypta Balbi, Palazzo Altemps e Terme di Diocleziano).

Ci sarebbe ora l’ipotesi di un trasloco che non incontra il parere favorevole dei residenti: “Stiamo assistendo ad un’altra operazione di fatto punitiva nei confronti di questo settore di Roma Capitale – ha spiegato Laura Franchitti del Coordinamento “Salviamo Palazzo Massimo”Il trasloco delle statue-simbolo di Palazzo Massimo viene infatti giustificato con la necessità di ‘intercettare i flussi turistici sul percorso più importante del centro storico’, dimenticando che la Stazione Termini vede passare ogni giorno 480mila persone tra romani e viaggiatori, ed è il luogo più facilmente raggiungibile da ogni parte della città. Questa scultura è un vero e proprio simbolo dell’Esquilino e noi riteniamo ingiustificato il suo spostamento.”.

Per la sua collocazione, Palazzo Massimo è già la sede più visitata del Museo Nazionale Romano , una potenzialità che in qualsiasi altra capitale europea verrebbe valorizzata anziché “disattesa” come hanno sottolineato i cittadini. Il trasferimento farebbe parte di un ampio progetto che, impiegando i fondi del PNRR, vedrebbe la costruzione di un percorso capace  di collegare le quattro sedi del Museo nazionale romano, ognuna con le sue opere, all’interno d’una sorta di museo diffuso. “Ma appunto perché si tratta di un progetto europeo – è stato ribadito dai cittadini – andava seguito a valle del processo partecipativo che l’Europa richiede”.

A Castro Pretorio, però, non c’è solo questa problematica: da mesi i cittadini protestano e chiedono interventi per la questione dehors: “Ci sono decine di strutture letteralmente abbandonate tra le vie del centro; – ha raccontato la Franchitti – non è solo una questione di decoro urbano, ma anche di sicurezza. I locali sembrano non riaprire ma i proprietari non hanno intenzione di smontare quelle strutture costruite per affrontare le limitazioni imposte ai tempi del covid”.

Tra dehors abbandonati, traslochi di prestigiose opere d’arte e problematica (sempre attuale) dei rifiuti, però, ci sono anche aspetti positivi, come quello relativo a Parco delle Finanze: si tratta di un pezzo di verde affidato ad un privato due anni fa e che decine di volontari hanno deciso di “rimettere a nuovo”: “Abbiamo deciso di dare a questa piccolissima parte di Roma una nuova vita – ha raccontato ancora la Franchitti – ed è stata un’esperienza bellissima, perché abbiamo fatto squadra e ci siamo sentiti più uniti. È il primo e unico Parco di Castro Pretorio ad avere un piccolo spazio per i bambini con giochi pensati apposta per loro e anche questa è una grande soddisfazione”.

Ospite in collegamento Peter Flaccus, autore della mostra “The Painting is a Place”.

“THE PAINTING IS A PLACE”: A PALAZZO MERULANA LA MOSTRA DI PETER FLACCUS

Palazzo Merulana, in sinergia con Fondazione Elena e Claudio Cerasi e CoopCulture, apre le porte per la mostra “The painting is a place” del pittore Peter Flaccus, a cura di Francesco Cochetti.

Americano di nascita e di formazione, Peter Flaccus, all’inizio degli anni ’90, ha scelto di trasferirsi a Roma, dove l’incontro con l’arte classica ha determinato una svolta nel suo percorso creativo, con l’abbandono della pittura a olio a favore di una tecnica antica, la pittura a encausto.
“Nei nostri gesti vivono i gesti dei nostri antenati”: questo è il tema che Peter Flaccus svolge nella pratica dei suoi dipinti. Il suo uso della tecnica a encausto persegue un metodo e un ritmo di lavoro che, a partire dai greci, hanno segnato in modo discontinuo la coscienza degli artisti occidentali.

Il termine dal greco enkaiein “bruciare”, si riferisce al trattamento termico che conclude un processo in cui la cera d’api, fusa, mescolata a pigmenti e resina viene poi distesa su una superficie e manipolata.
In queste opere Peter Flaccus applica la cera calda e colorata a una tavola finché si raffredda e fissa; quindi aggiunge altri strati di colore per grattarli qua e là, finché i gesti di coprire e scoprire creano una superficie luminosa che insieme riflette e assorbe la luce esterna.

Plinio, nella sua Storia naturale, descrive il metodo e l’insolita resistenza delle superfici prodotte con questa tecnica e nota come la pittura applicata alle navi : una tecnica che inattaccabile dall’azione del sole, dell’acqua marina o del vento.
Così i dipinti di Peter Flaccus producono l’effetto straordinario, immediatamente percepibile, di una presenza umana radiosa, insieme all’apparire momentaneo delle stratificazioni del tempo – che è il tempo che serve al pittore a far emergere l’immagine in superficie, il tempo necessario al manifestarsi delle sue intenzioni; così il tempo dei pittori del passato e dei gesti del passato, compreso il suo, resta sospeso negli strati più profondi dell’opera.

Il pittore si allontana dalle convenzioni della pittura come finestra e come rilievo – la rappresentazione e l’accumulazione di materiale – per avvicinarsi al rapporto puro tra colore e luce. Colore e luce acquisiscono in questo modo una funzione propria, mettendosi in relazione reciproca solo all’interno della singola opera, indipendentemente da ogni riferimento esterno.
Guardando i movimenti del pittore nel tempo, l’occhio si sposta di traccia in traccia, creando così degli effetti di profondità e apparizione emergente. Sotto la superficie luminosa dell’opera, l’occhio attraversa aree mutevoli di trasparenza e opacità. A volte si vede la superficie della base di legno altre volte un taglio riempito di cera s’impone all’attenzione come cicatrice.
Immagini organiche associate a colori romani – seppia chiara, grigio, rosso e ocra – producono un senso di fossilizzazione culturale, come se l’applicazione luminosa della cera avesse trattenuto rovine. La caducità della memoria, o la sua accelerazione, vengono catturate nei gesti del pittore che restano dentro questi strati di colore e ne possiedono la qualità.

“Con queste opere – ha detto Flaccus – ho voluto mescolare materia e astrazione, proprio come fa la natura con i suoi giochi di colore. La tecnica che utilizzo non è semplice, ma è molto versatile e mi permette di avere tutto il tempo per ragionare su cosa voglio realizzare e trasmettere. Sono davvero soddisfatto di questo progetto, mi sta dando molto”.

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