Sul piano strettamente semantico, più dell’autonomia a preoccupare è l’aggettivo “differenziata” che le regioni si apprestano a interpretare in modo variegato e autonomo: se il Piemonte vuole applicarla in modo totale chiedendo di esercitare tutte le deleghe previste dalla riforma, Lombardia e Veneto intendono privilegiare in quella fase solo quella parte degli ambiti di applicazione che non richiedono la definizione dei cosiddetti Lep, i livelli essenziali di prestazione.
Più nel merito, invece, delle 23 materie per le quali è previsto il decentramento, a preoccupare cittadini e governatori sono soprattutto settori importanti come l’istruzione, l’ambiente e l’energia e ovviamente la sanità, uno degli ambiti dove già oggi è assolutamente evidente come la qualità degli interventi e delle prestazioni possa variare da regione e regione.
I critici temono che dopo la riforma le differenze saranno ancora più marcate a svantaggio dei cittadini: anche perché il fatto che saranno fissati degli standard non garantisce che le regioni possano materialmente rispettare i Lep specie se nel frattempo dal governo non arriveranno soldi per appianare i deficit strutturali e potenziare gli organici.