Trasferimento negato al figlio carabiniere, l’appello della mamma disabile

Una richiesta d’aiuto di una mamma disabile per sollecitare la domanda di trasferimento del figlio carabiniere vicino casa per poterla accudire. Parte da qui la puntata di Punto di Rottura condotta da Rush per far luce sul caso e capire i motivi per cui è stato negato.

Trasferimento negato al figlio carabiniere, l’appello della mamma disabile

Si inizia da una lettera scritta dai genitori di un carabiniere e indirizzata al ministro della Difesa e al comandante generale dell’Arma per raccontare la loro storia e manifestare un profondo disagio, quello di chi combatte per cercare di supportare la richiesta di trasferimento del figlio per poter star accanto alla madre “riconosciuta disabile con un grave handicap” e al padre 70enne “con malattie cardiovascolari” a cui si sono aggiunti altri problemi di salute che “limitano sostanzialmente le capacità fisiche” tanto da impedirgli “di poter contribuire all’accudimento della propria consorte”.

I genitori spinti dalla disperazione hanno quindi preso carta e penna per spiegare che il figlio già riconosciuto “caregiver familiare” e beneficiario dei tre giorni di permesso ex Legge 104 da tempo sta cercando di farsi trasferire vicino ai familiari per poterli accudire: un tentativo però che secondo quanto riferito si è rivelato “inutile”.

La carenza di organico

Un caso non isolato secondo la testimonianza raccolta da Rush in puntata. “È una problematica che si trascina da anni – spiega Michele (nome di fantasia) rappresentante delle forze dell’ordine – dove la sofferenza dell’organico da parte delle istituzioni è così ampia che inevitabilmente porta poi, a seconda dei casi, a dover agire in maniera tale da contrastate e quindi negare dei diritti costituzionalmente garantiti”.

Il problema sarebbe quindi legato alla carenza di organico. “Nel 2021 l’Arma contava 108mila dipendenti e la legge invece dice che devono essere almeno 119mila, – aggiunge Michele – quindi con una differenza di circa 11mila carabinieri. E nonostante tutti gli sforzi che sembrerebbero essere stati posti in essere questo gap purtroppo nel 2025 rimarrà comunque di circa 4-5 mila unità in meno. E’ chiaro che ci rimette è il collega che fa un’istanza motivata per poter assistere ai propri genitori; perché inevitabilmente prevarrà solo ed esclusivamente l’esigenza istituzionale. A nulla servono i ricorsi interni, le memorie o qualsiasi atto amministrativo”.

La questione economica

Tra le problematiche c’è anche una discordanza aggiunge Michele “tra quello che viene stilato come giudizio all’interno dell’Arma dei Carabinieri da un organismo sanitario e quello che diversamente viene invece sancito e formalizzato dalla commissione dell’Asl competente”. Senza dimenticare la questione economica che “si aggiunge alle problematiche legate all’aspetto sanitario assistenziale. E’ inevitabile che laddove c’è il diniego si debba ricorrere ad altre soluzioni come essere costretti a viaggiare per lunghi tragitti per poter stare vicino alla famiglia. E questo incide fortemente sull’aspetto economico” sottolinea Michele.

La madre: “Sono sei anni che riceviamo dinieghi”

Aspetti che la signora Giuseppa e la sua famiglia conoscono bene tanto da arrivare a scrivere una lettera direttamente ai vertici della Difesa e dell’Arma. Nonostante le difficoltà di salute, Giuseppa è riuscita ad intervenire telefonicamente in trasmissione raccontando la fatica e le difficoltà vissute negli ultimi sei anni da quando il figlio carabiniere ha chiesto il trasferimento per avvicinarsi a lei e al padre anziano che non riesce più ad aiutare la moglie disabile. Il cruccio più grande è di aver ricevuto il rifiuto nonostante avessero dimostrato seri motivi di salute: “Sono sei anni che riceviamo dinieghi” dice Giuseppa.

Un percorso lungo e doloroso che sembrava mostrare spiragli di speranza, infranti uno ad uno, risposta dopo risposta. Dal problema di organico, alla possibilità di intervento dell’altra figlia. La famiglia si è informata, cercando di trovare un posto disponibile, ma nell’attesa il posto non c’era più. “Abbiamo chiesto un supporto per noi genitori per questa situazione e ci hanno risposto che comunque potevano assistermi mia figlia il mio genero visto che sono più vicini. Come fanno vivendo in un altro comune? Questa è una presa in giro. La cosa che mi ha fatto più male è la mancanza di ascolto per le difficoltà delle famiglie dei carabinieri” dice ancora la donna.

L’appello di Giuseppa è all’Arma: “chiedo che facciano il loro dovere, che possano aiutare le famiglie dei carabinieri non ostacolarle. Non è così che funziona l’Arma, è una grande istituzione e purtroppo tanti altri carabinieri stanno subendo quello che sta subendo mio figlio e questo è sbagliato. Loro devono aiutare non ostacolare, perché qui c’è una sofferenza: la mia e di tutte le famiglie che hanno questi problemi”.

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