Blitz contro traffico illecito di rifiuti: 9 arresti

Le forze dell’ordine hanno realizzato un’importante operazione contro il traffico illecito di rifiuti, culminata con l’arresto di nove persone e il sequestro di quattro società. L’azione, frutto di un’inchiesta iniziata a seguito di un incendio avvenuto nel 2019 in un impianto di rifiuti a Frosinone, ha messo in luce una vasta rete criminale dedita al traffico e allo smaltimento illegale di rifiuti. Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, hanno coinvolto sia individui che società, sparsi in diverse regioni italiane, accusati di reati ambientali e altri illeciti.

Dettagli dell’operazione in contrasto al traffico di rifiuti

La polizia di Stato e il Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale Agroalimentare e Forestale (Nipaaf) dei Carabinieri Forestali di Frosinone hanno eseguito un’ordinanza di misure cautelari emessa dal gip presso il Tribunale di Roma.

Tale ordinanza ha portato agli arresti domiciliari per nove individui e al sequestro preventivo di quattro società, con un profitto illecito stimato in circa 2,5 milioni di euro.

Complessivamente, sono indagate 41 persone fisiche e nove entità giuridiche per vari reati inclusi il traffico transfrontaliero e lo smaltimento illecito.

L’origine dell’indagine

L’inchiesta ha preso avvio a seguito di un grave incendio scoppiato il 23 giugno 2019 in un impianto di rifiuti situato nell’area industriale di Frosinone, specializzato nel recupero e nel riciclaggio di rifiuti solidi urbani e industriali.

Le indagini, condotte dalla squadra mobile di Frosinone e dal Nipaaf, sono state coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) della procura di Roma.

L’incendio ha sollevato sospetti sulle attività dell’impianto, portando alla scoperta di una complessa organizzazione criminale che gestiva il traffico illecito di rifiuti.

Il modus operandi

L’organizzazione sfruttava metodi illegali per smaltire rifiuti pericolosi, mettendo in pericolo l’ambiente e la salute pubblica. Le società sequestrate facevano parte di un sistema ben organizzato che operava su vasta scala, con ramificazioni in diverse regioni d’Italia.

Gli investigatori hanno scoperto una collaborazione tra gli amministratori dell’impianto di Frosinone, le società campane che conferivano i rifiuti e i gestori degli impianti di smaltimento, in particolare uno a Cisterna di Latina. Dal 2019, un imprenditore frusinate è entrato nella società, cambiandone il core business.

Secondo l’accusa, l’imprenditore, tramite società di intermediazione campane, accettava grandi quantità di rifiuti dalla Campania, che dovevano essere trattati in quella regione. I rifiuti campani venivano trasportati a Frosinone grazie a un artificioso cambiamento del codice identificativo (Eer), riclassificandoli da rifiuti urbani a speciali senza un reale trattamento. Questo permetteva di aggirare la normativa che vieta lo smaltimento dei conferimenti urbani fuori dalla regione di provenienza.

Questi, seppur urbani, venivano solo stoccati a Frosinone per perderne le tracce, poi trasportati a Cisterna di Latina e infine smaltiti come scarti di lavorazione presso una discarica di Colleferro. Il quantitativo totale dei rifiuti erroneamente classificati ammonta a circa 2.550 tonnellate.



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