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Boxe, Vianello si gioca la cintura silver WBC

L'atleta romano a caccia del titolo a Corpus Christi.

Vianello: “Ajagba non mi preoccupa”

Sfida importantissima nel mondo boxe tra Giulio Vianello, ex atleta della Team Box Roma, e Efe Ajagba (19-1-0): in palio, a Corpus Christi, il titolo di cintura silver WBC. L’atleta romano ha rilasciato una lunga intervista a Roma Today. Di seguito le sue parole:

Guido, l’ultima volta che l’abbiamo vista sul ring ha impiegato pochi secondi a liquidare il suo avversario. È scattato qualcosa in Vianello, nel match contro Moses Johnson?

“Pensavamo che Johnson mi avrebbe impegnato per più round ma non è stato così. In realtà è  scattato qualcosa in me già dallo scorso agosto. Ormai sono arrivato alla soglia dei 30 anni e mi sento in una forma perfetta. Sarà tra l’altro il terzo match che faccio in sei mesi: mi tengo impegnato nel migliore dei modi, disputando incontri.”

È il primo titolo che combatte:  il WBC Silver. È una sorta di “esame di maturità”?

“Non ho mai pensato né parlato ai titoli, perché il centro di tutto è il duro lavoro, da fare in silenzio. Adesso la vita mia ha portato a questo titolo che è il più prestigioso dopo le cinture mondiali. Sono veramente contento. È il momento giusto, io ho accettato subito questo incontro perché è il frutto di una costruzione specifica, dura, che mi rende pronto per vincere questo match.”

È lei che hai proposto alla Top Rank di affrontare Ajagba? Com’è nata l’idea di incontrarlo?

“Top Rank mi stava proponendo dei nomi importanti, io non ho accettato perché stavo acquisendo esperienza, volevo vedere come stava la mano a cui mi sono operato. Quindi ho puntato a fare più round, in Texas ne ho disputati 8. Dopo NY non ho più sentito nessun dolore, ho pensato che allora potessi fare il salto. Si è presentata questa possibilità, a 7 settimane dall’incontro di NY, è l’ho subito accettata.”

Siete due pugili, lei e Ajagba, abituati a vincere per KO. Haa avuto modo di studiarlo? Che avversario si aspetta?

“Io ed il mio allenatore lo conosciamo bene: ci siamo allenati a Las Vegas ed abbiamo fatto  varie sessioni di sparring. È un avversario duro, ha un destro molto forte, ma io sono fare più cose. Io sento un amore spropositato per quello che sto facendo, non mi interessano i soldi e le cinture. Ed io sono convinto che  l’amore sia l’arma vincente. Per quanto riguarda Ajagba mi aspetto un avversario duro, ma io sono più veloce e la velocità vince sulla forza.”

Siete alti uguale, 1,98 centimetri, ma lui è un pugile che ha un allungo incredibile: ti preoccupa questa cosa?

“Non mi preoccupa niente di questo match, sarà lui che si dovrà preoccupare di me.”

Ma sappiamo che è sulle 10 riprese. È anche questa una novità per lei… come si è preparato per affrontare questa distanza?

“Era a 10 riprese anche il match con Johnny  Rice ma purtroppo mi ha ferito alla settima. Comunque io ne possono fare anche 20 di riprese, ho la preparazione mentale e fisica per farne il doppio dei round di un match. Mi sono preparato in Inghilterra, per non farmi vedere da nessuno e lì ho avuto gli sparring migliori del mondo, come Daniel Dubois, Tony Yoka campione olimpico ed altri tre massimi venuti apposta per me. Abbiamo fatto il miglior training camp della mia vita.”

L’abbiamo vista con l’elmo da gladiatore, poi con un cappello da cowboy e l’ultima volta con la maglietta dei NY Yankees. Ha in serbo una novità anche per il prossimo match? 

“Ho capito che la gente vuole vedere cose che appartengono alla loro cultura. Così abbiamo cambiato look adattandolo allo Stato dove, di volta in volta, mi sono trovato a combattere, puntando così su outfit diversi.  Il cappello texano già l’ho messo, non credo di voler rimettere. Ancora non so se indosserò una vestaglia diversa, stile antica Roma e se l’elmo da gladiatore lo porterò sotto il bracco. Sicuramente ci sarà uno stile diverso, ma ancora non ho deciso quale.”

C’è qualcosa a cui pensa durante la ring walk? Ha dei portafortuna o dei rituali?

“Il bello è che non penso a nulla, per quanto sia consapevole che svuotare del tutto la mente sia impossibile. Ma se tu vivi il momento presente, limiti i pensieri che possono distrarti. Quando faccio la ring walk penso quindi ai miei passi, al mio respiro, a cosa sento. E questo mi fa salire sul ring in equilibrio. È un discorso complicato, dietro al quale c’è un lavoro specifico che ho affrontato.”

L’ultima domanda. Lei è romano, vive a Las Vegas e combatte soprattutto oltre Oceano. Ma non le pesa non potersi quasi mai esibire davanti ad un pubblico di casa?

“Direi che mi sento ovunque a casa. Sono stato a Londra ed era casa mia, a Houston idem. Ora sono a Corpus Christi e sento che anche questa è la mia casa. Tanto se combatti bene e vinci, gli americani ti amano, da qualsiasi posto tu provenga, se fai lo spettacolo loro ti apprezzano. Dopodiché certo, fare un grosso match a Roma resta il mio sogno ed i sogni, ne sono convinto, si avverano. Ma per ora resto con i piedi per terra e pensa solo ad un incontro, quello del prossimo sabato.”