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‘Il Giuocatore’ di Goldoni firmato Roberto Valerio in scena alla Sala Umberto

Alla Sala Umberto di Roma, dal 4 al 14 aprile, andrà in scena “Il giuocatore” di Carlo Goldoni, adattato e diretto da Roberto Valerio. Dopo il successo ottenuto con “L’Impresario delle Smirne” di Carlo Goldoni nel 2013, Valerio ritorna all’opera del celebre autore veneziano, considerato uno dei precursori della commedia moderna, per reinterpretare e portare in scena un’opera che sorprende per la sua attualità.

Goldoni alla Sala Umberto

Nel cuore della commedia, con Alessandro Averone, Mimosa Campironi, Alvia Reale, Nicola Rignanese, Massimo Grigò, Davide Lorino, Roberta Rosignoli, Mario Valiani, troviamo Florindo, il cui ardore per il gioco lo conduce alla rovina: perde tutto, dai suoi averi alle sue relazioni, persino l’amore della sua promessa sposa Rosaura, che ama sinceramente.

Pur di ottenere denaro per continuare a giocare e sognare di vincere una fortuna, Florindo promette di sposare la ricca ma anziana Gandolfa. Questo tema, attualissimo, è stato portato in scena da Roberto Valerio su un palcoscenico concepito da Guido Fiorato, dominato da una grande nave che trasporta i protagonisti verso avventure e sfortune, vizi e tentativi di libertà, tra dramma e commedia, spinti da quell’illusione dolce e velenosa che è l’ideale di vincere, un sentimento condiviso da tutti i personaggi.

Tutti desiderano trasformare le proprie vite, diventare famosi, realizzare i loro sogni, ma sono accomunati dalla loro incapacità di affrontare la realtà. Il mare che attraversano coloro che sono vittime di dipendenze, che siano affettive, da gioco d’azzardo, droghe, alcol, sesso o, in tempi moderni, da gaming, smartphone, internet o social network, è solo apparentemente placido.

Finché si può soddisfare la richiesta, sembra esserci un equilibrio, ma una volta che si scatena l’astinenza, emerge il vero disagio. L’immagine della nave è anche un omaggio al teatro inteso come viaggio e a Giorgio Strehler, che così descrive il commediografo settecentesco nelle sue Memorie goldoniane, un atto di amore verso l’arte teatrale.