Sit in di protesta Sabato 9 marzo, alle ore 11, organizzato dal segretario di Radicali Italiani, Matteo Hallissey, e la segretaria di Radicali Roma, Eva Vittoria Cammerino, davanti al Cpr di Ponte Galeria per denunciare le violazioni dei diritti delle persone trattenute. Il gesto arriva a poco più di un mese dal caso di suicidio di un giovane migrante di 22 anni, Ousmane Sylla. I disordini nel centro di permanenza per il rimpatrio erano scoppiati dopo la scoperta del corpo e hanno portato alla protesta di altri ospiti.
La tragedia al Cpr di Ponte Galeria e il sit in di protesta
La morte di un ragazzo migrante nel Cpr di Ponte Galeria aveva scatenato una serie di proteste e disordini nel centro di permanenza per il rimpatrio.
Il giovane, di soli 22 anni, è stato trovato senza vita dai suoi compagni, che hanno tentato invano di salvarlo. Le autorità erano intervenute per calmare la situazione, ma la tensione rimane alta a distanza di diverse settimane.
La richiesta di chiusura del Cpr
Domenica 4 marzo le proteste erano nuovamente divampate all’interno del Cpr, con alcuni ospiti della struttura che avevano dato fuoco ai materassi.
“I Cpr sono, purtroppo, i luoghi del degrado, strutture fatiscenti con servizi sanitari e igienici disumani” hanno dichiarato i due organizzatori del sit in.
“Domani saremo di fronte al Cpr di Ponte Galeria per ribadire ancora una volta che il tempo è scaduto, che non è più possibile rimandare una decisione che appare ovvia: chiudere immediatamente i Cpr perché rappresentano esclusivamente il drammatico paradigma di un’emergenza continua”.
La denuncia degli altri politici
La morte del giovane migrante aveva già portato a richieste di chiusura del Cpr di Ponte Galeria da parte di vari attivisti e politici.
Il Garante delle persone private della libertà personale di Roma capitale, Valentina Calderone, aveva denunciato le condizioni disumane all’interno del centro, sottolineando la necessità di mettere fine a tali pratiche.
Anche il segretario di +Europa, Riccardo Magi, e la senatrice Cecilia D’Elia avevano chiesto la chiusura immediata del centro, definendolo un luogo di “assoluta e insostenibile disumanità”.