In città l’inquinamento negli ambienti al chiuso ha effetti simili rispetto all’esterno. Un recente studio condotto dall’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del CNR (CNR-ISAC) e da Enea, in collaborazione con le università Sapienza di Roma e Milano–Bicocca, ha evidenziato che l’inquinamento indoor, ossia quello presente negli ambienti interni, può avere effetti sulla salute simili a quelli dell’inquinamento esterno. Lo studio, parte del progetto VIEPI1 finanziato da Inail, ha rilevato come l’esposizione a particolato atmosferico in spazi chiusi possa contribuire allo sviluppo di malattie polmonari, cardiache e persino tumorali.
Impatto dell’inquinamento indoor sulla salute
L’inquinamento dell’aria interna, spesso sottovalutato, può rappresentare una grave minaccia per la salute umana, tanto quanto l’inquinamento esterno.
Gli ambienti chiusi come case, uffici, scuole e ospedali possono accumulare sostanze inquinanti provenienti da fonti interne ed esterne. Tra i principali inquinanti figurano il particolato fine (PM2.5 e PM0.1), composti organici volatili (COV), monossido di carbonio, radon e muffe.
L’esposizione prolungata a queste sostanze può provocare malattie respiratorie, cardiovascolari e tumori. Lo studio condotto dal CNR-ISAC, Enea e le università coinvolte ha dimostrato che l’impatto sulla salute del particolato fine negli ambienti chiusi è altrettanto dannoso quanto quello nell’atmosfera esterna.
Tecnologie impiegate per l’analisi dell’inquinamento indoor
Per la prima volta al mondo, lo studio ha impiegato una biotecnologia portatile innovativa che ha permesso di esaminare direttamente le cellule polmonari umane esposte alle nanoparticelle presenti in ambienti interni.
L’apparato biotecnologico è stato utilizzato all’interno di un’aula dell’Università Sapienza di Roma, monitorando la risposta delle cellule polmonari al particolato PM2.5 e PM0.1, i principali componenti del particolato atmosferico.
Un approccio che ha consentito di misurare l’effetto tossicologico delle nanoparticelle in tempo reale, fornendo dati preziosi sull’esposizione delle persone a sostanze nocive negli ambienti chiusi.
Risultati dello studio e possibili ricadute
I risultati della ricerca offrono prove scientifiche che potrebbero influenzare le future normative sulla qualità dell’aria indoor. L’evidenza ottenuta dallo studio indica che l’aria interna, specialmente in ambienti urbani, deve essere regolata con standard di qualità più stringenti, simili a quelli previsti per l’aria esterna.
Le particelle sottili di aerosol, come il PM2.5 e il PM0.1, risultano particolarmente pericolose per il sistema respiratorio, poiché riescono a penetrare in profondità nei polmoni, causando infiammazioni e potenzialmente contribuendo allo sviluppo di malattie croniche e tumori.
L’integrazione di questi risultati potrebbe spingere i legislatori a rivedere le normative esistenti per la qualità dell’aria, sia interna che esterna, tutelando maggiormente la salute pubblica.