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Social network e media: libertà o bavaglio? Ora gli algoritmi bannano, casi in aumento

Aumentano i casi di presunta violazione delle policies dei social network più in voga, e in aumento vi sono altrettanto presunte violazioni della libertà di espressione.

La versione 2.0 del noto dilemma amletico potrebbe sembrare ai più questione di lana caprina: in gioco, in realtà, c’è – o ci sarebbe – la facoltà di fare giornalismo nel rispetto delle regole di ‘community’ – che però a più di qualcuno sembrano un ginepraio articolato dentro cui sguazzare a fatica tra vincoli, codici, limitazioni – e la discrezionalità del nuovo ‘deus ex machina’ della socialità contemporanea: l’algoritmo. Ma cosa sta succedendo?

L’algoritmo dei social può decidere quale informazione fare?

Media e Internet, giornalismo e social network: un binomio spesso spinoso. Tema mai troppo analizzato dai media stessi oppure, al contrario, messo banalmente alla berlina come problematica marginale i cui effetti sfociano in forme di aggressività, abusi, illegalità, di cui ormai da tempo il Web è fin troppo pieno.

Già: ma tra casi di shaming, furti d’identità, violazioni palesi dei dati sensibili, c’è però anche un possibile aumento dei casi di presunta limitazione del diritto democratico di fare informazione libera, sia pur all’interno di precise regole etiche, comportamentali, e ovviamente normative.

Di recente sono in particolare aumentate le segnalazioni – non solo in Italia – di presunti articoli, report e analisi giornalistiche, links e commenti, che sarebbero stati ‘bannati’ perché non rispettosi delle cosiddette policies di sistema stabilite dai più noti social network.

L’informazione professionale, che spesso usa i canali dei social per arrivare ad un numero più ampio possibile di persone, verrebbe dunque bannata per effetto di algoritmi che interpreterebbero ‘in senso negativo’ il senso stesso di alcuni articoli.

Approfondimenti giornalistici che verrebbero analizzati dai parametri dei social network come istigazioni alla violenza, al razzismo, alla discriminazione e perfino al suicidio: magari solo perché avevano trattato casi di cronaca relativi ad abusi, aggressioni, offese a sfondo razziale.

Le policies dei social e le limitazioni all’informazione: un nuovo caso

Raccontare la verità, raccontarla anche con la crudezza con cui essa si manifesta, significa forse violare le policies dei ‘social’? Svolgere la funzione tipica dei media, vale a dire per definizione ‘mediare’ (raccontando la realtà secondo i canoni del vero e nel rispetto delle regole deontologiche) tra il fatto accaduto e il cittadino che ne vuole venire a conoscenza, è forse reato? O forse è, in realtà, una sorta di attacco al diritto di fare informazione?

Il rischio è che i nuovi algoritmi finiscano per interpretare, tramite parametri restrittivi auto-definiti e non opinabili, i confini di ciò che ‘può o meno’ esser raccontato o, forse, addirittura ‘come’ debba esserlo. Tra i tanti casi c’è ad esempio quello della testata ilfaroonline.it, che tramite il suo direttore Angelo Perfetti ha di recente sottolineato come da tempo stia ‘combattendo’ contro Facebook, a causa di una serie di segnalazioni che avrebbero impedito alla pagina FB del giornale di diffondere post su notizie locali e nazionali.

Citando casi eclatanti attuali, nonché assurdi precedenti – quali ad esempio un ‘ban’ ricevuto all’epoca dell’attacco dell’11 settembre alle Twin Towers perché le notizie avrebbero ‘istigato al suicidio’ – passando ad altri in cui le news bannate riguardavano casi di donne abusate, violenze domestiche o guerre, Perfetti ha raccontato l’ultimo episodio in cui si è scontato contro il ‘no’ di Meta (Facebook): durante una recente conferenza stampa relativa alle prossime elezioni europee, il direttore de ‘ilfaroonline.it“, presente fisicamente all’evento, aveva posto una domanda al sindaco di Roma, Gualtieri, relativamente alla possibilità dei parlamentari europei di incidere sulle leggi più efficacemente rispetto a quelli nazionali. Ebbene: Facebook avrebbe considerato tale post un “contenuto ingannevole”. Una vera, palese assurdità. Che quindi ha fatto dichiarare a Perfetti: “Denuncio pubblicamente la fallacità dell’algoritmo di Facebook. E se Meta vorrà bannare profilo personale e aziendale, pazienza. Me ne farò una ragione, proseguendo la battaglia per un’informazione giusta”.

Le parole di Perfetti suonano come un sollecito, dunque, a prendere coscienza della rilevanza di un problema – quello della professionalità e della libertà di espressione giornalistica – preso sottogamba, spesso, dalla stessa categoria che ne pagherebbe il prezzo. Un’informazione libera, a tutti i livelli, è invece una indispensabile, oltre che sacrosanta, pietra miliare di una società civile.