Omicidio Guidonia, pensionato ucciso a coltellate in casa: arrestati la badante e il compagno

Due persone sono state arrestate per l’omicidio di Luigi Panzieri ucciso a coltellate in casa a Guidonia Montecelio in provincia di Roma.

Oggi il personale della Squadra Mobile di Roma e del Commissariato di “Tivoli- Guidonia”, a seguito di approfondite indagini coordinate dalla Procura di Tivoli, hanno proceduto all’esecuzione di un’ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Tivoli, nei confronti di un uomo di 51 anni ed una donna 47enne gravemente indiziati di omicidio.

La coppia è indagata per l’omicidio pluriaggravato del pensionato 86enne ucciso nella prima mattinata del 6 aprile 2022 all’interno della sua abitazione di Colleverde, frazione del Comune di Guidonia Montecelio (RM).

Le indagini sulla coppia

Le indagini si sono da subito concentrate sui due indagati vicini alla vittima. Sfruttando la relazione domestica svolta dalla donna badante dell’anziano, lo avrebbero ucciso a coltellate per portargli via oggetti preziosi e soldi. Il Gip, su richiesta della Procura, ha emesso la misura per il delitto di omicidio pluriaggravato dall’aver agito al fine di commettere il furto e di assicurarsi l’impunità, approfittando dell’età avanzata della vittima e delle relazioni domestiche conseguenti al rapporto di lavoro intrattenuto tra la donna e l’anziano.

Alla coppia, inoltre, è stato contestato il delitto di rapina pluriaggravata e quello del reato di indebito utilizzo di carte di credito, per essersi impossessati di una catenina e di 4 anelli in oro, oltre ad una carta libretto smart e una postepay, con i quali avevano effettuato prelievi Bancomat per un totale di 700 euro.

Il tentativo di costruire un alibi

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori dopo i prelievi bancari, la donna era tornata a casa della vittima e avrebbe tentato di precostituirsi un alibi. Come? Aveva suonato al citofono di Panzieri fingendosi sorpresa per la mancata risposta. Avrebbe quindi allertato il portiere che aveva contattato la figlia della vittima. Ed è stato così che la figlia ha scoperto la tragedia accaduta al papà.

L’alibi però è presto crollato. Secondo quanto emerge dall’ordinanza cautelare emessa dal GIP tutti gli spostamenti della coppia il giorno del delitto sono stati oggetto di una minuziosa ricostruzione degli investigatori. E grazie anche alle testimonianze raccolte, sono emerse plurime incongruenze nelle dichiarazioni rese dai due indagati, consentendo di ricostruire tutti gli spostamenti avvenuti quel giorno”.

Oltre un anno di indagine

Fondamentali anche le attività tecniche svolte nel corso di oltre un anno di indagine. Hanno restituito un quadro univoco, ove numerosi sono i riferimenti e le affermazioni captate che hanno permesso di attribuire i gravi indizi di colpevolezza del delitto nei confronti di entrambi gli indagati.

Il complice fantasma per salvare il compagno dalle accuse

L’atteggiamento manipolatorio da parte dell’uomo – descritto dal Giudice per le Indagini Preliminari come dotato di “personalità controllante” e “dispotica” – rilevato costantemente nel corso delle indagini nei confronti della donna, con la quale intratteneva una relazione d’intimità. Atteggiamento che sarebbe stato finalizzato a celare le sue responsabilità, inducendo la donna persino a rendere agli investigatori dichiarazioni autoaccusatorie pur di salvare l’uomo, anche tentando di coinvolgere un fantomatico complice rivelatosi inesistente, per poi cambiare più volte versione.

Il tentativo di eliminare la donna con l’acido muriatico

A distanza di pochi giorni dal delitto, secondo quanto descritto nell’ordinanza cautelare, l’uomo, avrebbe avuto l’intenzione di eliminare la donna e di guadagnarsi l’impunità per l’omicidio, quando l’ha accompagnata nei pressi di un negozio di casalinghi, per acquistare un flacone di acido muriatico con il quale avrebbe dovuto tentare il suicidio. Un modo per simulare con la polizia una sorta di pentimento per quanto da lei commesso.

Il tutto, come lo stesso Gip riconosce, era stato architettato dall’uomo per “garantirsi il silenzio dell’unica persona che l’avrebbe potuto collocare sulla scena del crimine con il giusto ruolo”, considerato che l’ingestione dell’acido muriatico avrebbe potuto uccidere la donna. Fortunatamente il tentativo è fallito. Come sono risultati vani i numerosi tentativi di depistaggio.



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