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Maxi frode informatica scoperta a Roma, false identità per svuotare i conti correnti

Attraverso le Sim telefoniche dei clienti entravano nell’home banking e svuotavano i conti delle vittime. Ma era solo la punta dell’iceberg. Scoperta a Roma un’organizzazione criminale che ha messo in piedi una maxi frode informatica da 3 milioni di euro.

La Polizia di Stato ha eseguito sei misure di custodia cautelare, cinque tra Roma e provincia e una in Torino, in esecuzione di una ordinanza emessa dal G.I.P. di Roma, per i reati di frode informatica, furto di identità digitale, riciclaggio e auto riciclaggio, per falso in atto pubblico e falsità materiale.

Operazione “Ghost Money”

Le indagini della Polizia Postale del Lazio coordinate dalla Procura di Roma nell’ambito dell’operazione “Ghost Money” hanno consentito di individuare un sodalizio criminoso operante sul territorio romano e composto da nove soggetti dediti alla consumazione di frodi informatiche in danno di istituti finanziari mediante la creazione di false identità virtuali e la conseguente opera di riciclaggio delle ingenti somme illecitamente carpite.

Due anni di indagini

La lunga e complessa attività di indagine durata due anni è iniziata investigando su una serie di episodi criminosi riferibili alla frode nota come SIM SWAP. I criminali subentrano nell’uso delle SIM telefoniche delle vittime, si impossessano dei codici dispositivi dell’home banking inviati alle utenze telefoniche e le utilizzano per svuotare i conti correnti  delle vittime.

La maxi frode: danno economico di 3 milioni di euro

Le perquisizioni a carico degli indagati, con l’esecuzione di una prima ordinanza di custodia cautelare, e l’analisi dei dispositivi sequestrati consentivano agli investigatori di ricostruire un ben più complesso sistema di frodi informatiche in danno di Istituti di credito, uno dei quali consumato con un danno economico di circa 2.900.000 di euro.

Sui conti correnti riferibili al gruppo criminale sono transitate somme di denaro provento del reato per poi essere incassate o trasferite su conti correnti nelle disponibilità dei complici, in molti casi con rimesse di denaro all’estero, per la condivisione dei proventi delittuosi.

La copiosità degli elementi raccolti dal Centro Operativo Sicurezza Cibernetica di Roma ha consentito di ricostruire il protocollo operativo realizzato dagli autori della frode, che rileva una profonda conoscenza delle dinamiche dei servizi interbancari e del SEPA – business to business (B2B) – strumento di pagamento telematico, nato con lo scopo di velocizzare e facilitare le transazioni commerciali tra imprese industriali, commerciali o di servizi.

Utilizzate Sim intestate a terzi estranei ai fatti per accedere all’home banking

L’organizzazione costituiva società intestate a soggetti compiacenti intestando alle stesse conti correnti bancari e postali, spesso utilizzando schede SIM telefoniche fittiziamente intestate a terzi estranei ai fatti, per accedere ai servizi di home banking.

Si confezionavano poi accordi commerciali tra le società, con mandati di pagamento SEPA B2B e fatture a nome delle medesime, falsa documentazione creata per trarre in inganno gli istituti finanziari.

I mandati di pagamento spesso venivano depositati utilizzando l’inserimento on-line attraverso i portali web messi a disposizione degli istituti di credito ai propri clienti.

La documentazione depositata consentiva di fruire di un conto corrente sul quale veniva generato l’importo corrispondente ai mandati di pagamento depositati.

Non appena ricevuta la disponibilità della somma, e prima che l’istituto di credito potesse verificare la non genuinità della documentazione depositata, i criminali si affrettavano a bonificare i fondi su conti correnti intestati ad altre società realizzate ad hoc per il perfezionamento della frode ed il successivo trasferimento dei proventi illeciti su conti esteri.

Tra questi conti esteri, il conto svizzero intestato ad una società estera operante nella compravendita di materiale sanitario, di cui risulta essere presidente uno dei principali indagati, sul cui conto corrente, l’organizzazione criminale ha riciclato circa 700.000 euro in attività finanziarie per l’acquisto di beni immobili.