Un istituto di previdenza pubblico trasformato in gallina dalle uova d’oro: un pozzo considerato senza fondo ma che prima o poi sarebbe arrivato a secco. È questa la fotografia sconcertante dell’Ipa, l’ente pensionistico degli impiegati e dirigenti comunali per anni e anni sfruttato come bancomat per finanziare prestiti esorbitanti a dipendenti indebitati e costosissime vacanze all’estero per figli e parenti. Le carte riservate, di cui è n possesso il Messaggero, rivelano come dopo anni di bisboccia il conto di Ipa adesso è in rosso, per ben 51 milioni di euro. E’ il risultato di una mala gestione da manuale: viaggi pagati anche in assenza di fondi, prestiti e mutui concessi a soggetti protestati che poi, immancabilmente, non saldavano le rate. Il buco si è poi allargato a causa dei tanti bonus scellerati e immotivati, per centinaia di ore di straordinario svolte all’Ipa che in alcuni casi raddoppiavano stipendi a fronte di un impegno scarso o addirittura nullo. La voragine ora è sotto gli occhi di tutti: per sanarla, l’unica strada è quella del Campidoglio, e quindi dei contribuenti che dovranno compensare il buco; in alternativa, a rischio ci sono le pensioni integrative per 23mila tra impiegati, vigili e insegnanti.
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