Home PRIMO PIANO Teatro, Alessia Navarro in “Come pietra paziente” è al fianco delle donne...

Teatro, Alessia Navarro in “Come pietra paziente” è al fianco delle donne agfhane

Il teatro come strumento di sensibilizzazione culturale, per raccontare le piaghe del presente e smuovere le coscienze. E’ la missione di “Come pietra paziente”, lo spettacolo tratto dal romanzo “Pietra di pazienza” di Atiq Rahimi, autore e regista afghano, che nelle ultime settimane a Roma ha portato in scena il dramma della donna aghana e la sua dura condizione di vita dopo il ritorno al potere dei talebani.

Atto di denuncia sulla condizione femminile
La pièce, che ha per protagonista Alessia Navarro e annovera nel cast Fabio Appetito, Marcello Spinetta e Kabir Tavani, era stata presentata in anteprima nazionale il 10 e l’11 novembre scorso al Teatro Marconi con repliche al Teatro 7 OFF di Roma e al Teatro Tor Bella Monaca dove resterà in scena fino a giovedì 9 dicembre. E’ il racconto struggente di una coppia barricata in un contesto di guerra e di sofferenza: la moglie assiste il marito morente, tra le mura della loro casa mentre fuori si sentono solo rumori di spari e disperazione. Dinanzi a suo marito, impossibilitato a rispondere per la gravità delle ferite, la donna confessa e rivendica la propria condizione femminile, ergendo il corpo inerme a sua Pietra di Pazienza. La pietra, nella tradizione afghana, è una sorta di muto confessore di drammi interiori, di necessità e dolori inespressi. Il progetto, sostenuto dalla Regione Lazio con il Fondo unico 2021 sullo Spettacolo dal vivo, è un viaggio doloroso e un percorso molto duro negli abusi culturali che caratterizzano purtroppo la vita della donna afghana; il dramma di donne private di ogni libertà, diritto e dignità, alle quali ogni diritto viene negato. La cronaca e l’attualità politica ce lo mostrano ogni giorno.

La protagonista: “Folgorata dal film di Atiq Rahimi”
Alessia Navarro, attrice e doppiatrice originaria di Cori in provincia di Latina, è da sempre impegnata nelle battaglie a favore delle donne e ci racconta quanto questa esperienza artistica l’abbia profondamente segnata.
Come nasce lo spettacolo e come si è preparata ad un ruolo così complesso?
“L’idea dello spettacolo nasce qualche anno fa, dalla suggestione scaturita in me in seguito alla visione del film tratto dalla medesima opera dell’autore afghano Atiq Rahimi. Son dovuti passare altri due anni affinchè vedesse la luce. Per la regia mi sono rivolta immediatamente ad una persona di una bravura, sensibilità e professionalità dirompente: Matteo Tarasco, con cui avevo già lavorato, che ne ha curato l’adattamento e che sapevo avrebbe trattato l’argomento con delicatezza e responsabilità. Responsabilità è la parola chiave con cui noi tutti, attori compresi, abbiamo approcciato all’opera. Viste le tematiche che ne confluiscono, condizione della donna in quel particolare contesto politico e sociale, retaggi culturali, sessuali, sentimenti di aberrante sottomissione e coercizione è stato necessario lavorare con un fortissimo senso etico per restituire allo spettatore un’immagine della storia il più veritiera possibile e vicina alla realtà. Il mio personale approccio al lavoro è stato innanzitutto basato su un attento e minuzioso studio della storia afghana e di conseguenza della condizione e delle norme comportamentali a cui le donne sono sottoposte e anche da un punto di vista fisico, lo studio della cinesica culturale delle stesse”.
La “pietra paziente” raccoglie le confessioni: una sorta di confessore silenzioso di drammi e interiorità…
“Nella tradizione popolare afghana la pietra di pazienza è una sorta di pietra magica a cui lamentare tutte le proprie disgrazie, le proprie sofferenze, le cose che non osi rivelare a nessuno nel tentativo di liberartene. Lo stesso percorso che compie la donna che interpreto per poter finalmente comunicare senza essere interrotta, senza essere biasimata”.
Lo spettacolo rappresenta un viaggio attraverso gli abusi femminili, la donna privata di ogni dignità e libertà, la donna usata e abusata. Lo vediamo dalla cronaca che ci racconta e riporta il dramma delle donne afghane…
“Una storia senza fine, in qualunque parte del mondo. In questo spettacolo prendiamo spunto dal racconto di una una donna in particolare, inserita in uno specifico contesto spazio-temporale. Ma è solo uno spunto per poter allargare il nostro raggio d’azione verso orizzonti più ampi e sentimenti universali quali la solitudine, la sottomissione, l’impossibilità di esprimere le proprie opinioni e le proprie idee. E’ un grido a favore dell’autodeterminazione della donna affinchè mai più possa essere abusata e saccheggiata della propria dignità di cui l’Afghanistan, in questo momento è il principale detrattore”.
Serve ancora una Giornata Internazionale contro la violenza sulle Donne, ogni 25 novembre, per sensibilizzare l’opinione pubblica e chiedere alle Istituzioni atti concreti, più fatti? Un suo pensiero sulla condizione della donna nel nostro Paese e nel Mondo.
“Molta strada è stata fatta e moltissima ce n’è ancora da fare. I recenti fatti di cronaca ne sono un esempio costante. Non possiamo più permettere che alla donna vengano ancora negati alcuni diritti essenziali. In qualunque momento, in qualunque posto nel posto, occorre gridare con forza e denunciare qualsiasi atto di violenza fisica e psicologica nei confronti delle donne. Non solo donne, ma soprattutto gli uomini dovrebbero manifestare in maniera plateale il loro dissenso verso ogni forma di tale aberrante violenza”.
Alessandra Paparelli