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10 imperdibili capolavori di Franco Battiato

Il mondo della musica piange Franco Battiato. E proprio il retrogusto dolceamaro delle lacrime restituisce bene quella sensazione di tristezza felice che ha raggiunto chiunque ami la musica, in una mattina qualunque, di un giorno qualunque, di un anno qualunque. Non si può non essere toccati dalla notizia della scomparsa di uno dei più grandi artisti italiani di tutti i tempi, nonostante il lungo silenzio che ha seguito e protetto il ritiro dalle scene del cantautore siciliano fosse lì a difenderci dall’inevitabile. Del resto, è così: alcune cose, anche se te le aspetti, non ti troveranno mai pronto. Allo stesso tempo, non si può non essere un po’ felici al pensiero dell’enorme contributo che ci ha lasciato in eredità un personaggio iconico come Battiato, poeta innovativo e visionario, sopraffino utilizzatore di un pop colto e impegnato, fervido esploratore dell’anima e dei sentimenti. Sopravvivrà al tempo un vasto repertorio, eterogeneo ed evocativo, preziosissimo per tutti coloro che, in un modo o nell’altro, ci sono entrati in contatto o decideranno di farlo.

Difficile riassumere in poche righe la carriera, i successi, la grandezza di un artista che emerge ancor più evidente osservando l’intero percorso, la sua visione d’insieme. E ancor più complicato è farlo attraverso le sue canzoni più belle, famose ed apprezzate. Per la vastità della sua discografia ma anche per quel carattere popolare che hanno assunto molti suoi brani e che di fatto ha permesso ad ognuno di noi di stilare una propria personale classifica, spesso sulla scia di ricordi ed emozioni. Vale comunque la pena fissare qualche punto fermo e riascoltare qualche perla più rara.

 

L’era del cinghiale bianco (1979)

Dopo anni passati a sperimentare, Battiato inizia finalmente a trovare la chiave musicale con cui tradurre la sua attitudine avanguardista e la sua predilezione per i contenuti impegnati in un linguaggio attraverso il quale raggiungere più persone possibile. L’alba di questa fondamentale svolta è L’era del cinghiale bianco, brano e omonimo album che segnano l’avvicinamento del cantautore alla musica new wave.

 

Frammenti (1980)

L’anno successivo, a dare continuità al percorso intrapreso, esce Patriots, primo timido successo commerciale. Una vera e propria chiamata alle armi culturale fatta di citazioni letterarie e riferimenti alla politica, alla musica classica e al cinema. In un disco ricordato principalmente per Up Patriots to Arms e Prospettiva Nevski, attira l’attenzione la meno nota Frammenti. Una delle prime testimonianze di quelle che diventeranno le peculiarità che condurranno Battiato al successo: musica leggera ad accompagnare citazioni colte affiancate da tangibili e condivisibili rappresentazioni del reale. Un piede nell’etereo e l’altro nella realtà, uno nella filosofia e l’altro nella praticità della vita.

 

Cuccurucucù (1981)

Passa un altro anno e Battiato inquadra il disco definitivo, tra i suoi migliori ed indubbiamente tra i più importanti della musica italiana. La voce del padrone fu il primo LP a vendere più di un milione di copie, certificando la fama dell’artista, anche grazie a successi come Cuccurucucù. Un brano pieno di omaggi e riferimenti (a partire dal titolo che cita Cucurrucucú paloma di Tomás Méndez): dal Proemio dell’Iliade a Il mondo è grigio/il mondo è blu di Nicola Di Bari, passando per Il mare nel cassetto di Milva e Le mille bolle blu di Mina. E ancora Beatles, Rolling Stones, Let’s twist again e Bob Dylan.

 

Centro di gravità permanente (1981)

Nello stesso disco è contenuto un altro capolavoro emblematico rispetto alla capacità del Maestro di unire la profondità dei contenuti ad un universo musicale leggero e fortemente pop: Centro di gravità permanente. Con un testo apparentemente nonsense, il brano parla della sensazione di smarrimento e della necessità di trovare un punto stabile. Un cult per tutti e senza tempo: chi, almeno una volta nella vita, non si è messo alla ricerca del proprio equilibrio, nella speranza potesse essere il più permanente possibile?

 

La stagione dell’amore (1981)

In un impeto elettronico e sintetico, negli strumenti e nei suoni, Battiato pubblica il suo tredicesimo album in studio: Orizzonti perduti. Tra tutte spicca La stagione dell’amore, canzone che restituisce una perfetta fotografia dell’amore, della sua fugacità e stagionalità, della possibilità che possa tornare ad accendere i nostri desideri in qualsiasi momento, senza farci rimpiangere quel tempo speso male che non tornerà.

 

E ti vengo a cercare (1988)

Sul finire degli anni Ottanta, dopo una breve parentesi dedicata esclusivamente alla composizione di opere liriche, il Maestro torna con Fisiognomica ad occupare le classifiche italiane, seppur con una dimensione più intima e spirituale, dalle tinte arabeggianti e con echi di musica classica. Fa parte di questo nuovo disco E ti vengo a cercare. Assumendo le sembianze di una dichiarazione d’amore, il brano racconta una profondissima ricerca spirituale, che parte da un confronto con il prossimo e arriva al pieno riconoscimento di sé e della propria essenza.

 

Povera Patria (1991)

In un climax artistico che lo porta sempre più verso una dimensione mistica ed ultraterrena, Battiato pubblica Come un cammello in una grondaia, che rappresenta una sorta di punto d’arrivo della sua essenza musicale. Un lavoro complesso, che mescola sacro e profano, in grado però di lasciare spazio ad un accorato inno alla Povera Patria, in cui con tono quasi premuroso si esprime su politica e malcostume del belpaese, restituendoci una fotografia ancora oggi molto attuale.

 

La Cura (1996)

Una canzone che si autodefinisce: è una cura per chiunque l’ascolti. Contenuta nell’album L’imboscata, è una delle tante scritte in collaborazione con il filosofo Manlio Sgalambro. Un brano multistrato che si presta a molteplici interpretazioni e destinazioni. Il testo d’amore più bello di tutta la canzone italiana, infatti, potrebbe essere dedicato ad una donna così come a sé stessi, all’anima o ad un puro e ultraterreno slancio verso l’eterno. In senso assoluto, un invito a dedicarsi premurosamente a qualsiasi cosa desideriamo proteggere per preservarne l’unicità.

 

Te lo leggo negli occhi (1999)

A cavallo dell’inizio del nuovo millennio e dopo quasi quarant’anni di musica, il cantautore pubblica una trilogia intitolata Fleurs, contenente una serie di cover e alcuni inediti. Tra i tanti, Battiato interpreta un brano scritto e musicato da Sergio Endrigo: Te lo leggo negli occhi. Di certo non uno tra i più noti, è una perla di rara bellezza sconosciuta ai più. Delicata ed emozionante, vale la pena dedicarle tre minuti.

 

Torneremo Ancora (2019)

Da molti considerato come il testamento di Battiato, è l’unico inedito dell’omonimo disco che contiene nuove versioni di brani già pubblicati dal cantautore, registrati durante le prove del tour con la Royal Philharmonic Orchestra di Londra. Torneremo ancora, di fatto l’ultima incisione di Battiato, è una presa di coscienza toccante, lucidissima. La chiusura del cerchio di una carriera unica, eterna, infinita. Per dirla con le sue parole “la vita non finisce”. Specialmente la tua, Franco.