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Salme accatastate a Roma: dopo gli esposti in Procura, anziché chiedere scusa l’Ama minaccia querele

Alla fine, come era ovvio che fosse, la vicenda delle salme accatastate in attesa della sepoltura e, soprattutto, di essere cremate, è finita nelle mani dei magistrati.

Una situazione deplorevole che si trascina da mesi, e denunciata anche da figure istituzionali, allo stesso modo vittime della pessima gestione cimiteriale fin qui evidenziata da Ama.

Salme accatastate a Roma: l’Ama controbatte a ‘sequestro di cadavere’ con un ‘procurato allarme’

Nello specifico, così come ha fatto anche il Comitato per la tutela dei cimiteri, l’Efi (l’associazione che raggruppa gli impresari delle pompe funebri), poi affiancata dalla Lega, ha presentato un esposto presso la Procura di Roma, dove si ipotizza il reato di sottrazione di cadavere, ed omissioni di atti di ufficio.

Dal canto suo, anziché chiedere scusa per la situazione, rimandando al Covid la responsabilità di un così alto numero di salme, l’azienda municipalizzata non ha trovato nulla di più surreale, che minacciare contro denunce per ‘procurato allarme’.

Salme accatastate a Roma: costernata per la situazione, su tutte le furie la Raggi convoca l’Ad di Ama

Una contromisura fuori dal mondo quella di Ama, che ha ulteriormente imbarazzato la prima cittadina della Capitale che, diversamente, mettendoci la faccia, ha chiesto più volte scusa promettendo una rapida soluzione.

Così ieri la Raggi ha convocato Stefano Zaghis, Ad della municipalizzata, per avere spiegazioni. Evidentemente tornato con i piedi per terra, uscendo dall’incontro, l’Ad ha tenuto a specificare che “non denunceremo i cittadini, ma chi presenta gli esposti”. Ridicolo.

Salme accatastate a Roma: la sfrontatezza di Ama, notoriamente animata da disservizi e dipendenti indolenti

Piuttosto, sarebbe invece opportuno che, ‘alla luce del giorno’, in tema con uno dei suoi compiti istituzionali, Ama procedesse ad una bella ‘ripulita’ all’interno dell’azienda dove, fra assenteismo, malattie, inabilità, smart working e quant’altro, quotidianamente la forza lavoro espressa è evidentemente insufficiente.

Senza entrare poi nello specifico dei servizi cimiteriali dove (a parte la precarietà del forno crematorio), prevale l’anarchia totale, sia sotto l’aspetto pratico (tumulazione, scavi, ecc), che burocratico (pratiche, nullaosta, timbri e firme).

Basti pensare al cartello appeso all’esterno degli uffici interni al cimitero di Prima Porta, dove si avvisa che la sepoltura è garantita soltanto alle bare che arrivano entro le 12! Ma perché, dopo non si lavora più? Insomma una vicenda da terzo mondo che, ci auguriamo, venga risolta al più presto, e non all’interno di un’aula di tribunale, ma sul ‘campo’, con pala e piccone…

Max